Home » Recensione de: “La scatola rossa” di Anita Napolitano
Scrittore ed Editor - Fondatore di Navigando Parole
La scatola rossa è un’opera che danza con grazia tra la narrativa intimista, l’esplorazione simbolica e un’irresistibile fascinazione per l’invisibile. Anita Napolitano ci accompagna in una Parigi sognante e suggestiva, dove l’aroma del tè e l’incenso dell’anima si fondono in un rituale di ascolto, confessione e trasformazione. Il tutto racchiuso – come da titolo – in una misteriosa scatola rossa che custodisce non solo carte, ma frammenti di destino.
Al centro di questo microcosmo pulsante c’è Arianne, una sorta di psicomaga, ascoltatrice e traghettatrice di anime, che ogni domenica mattina si reca al Cafè Choupette, nel Quartiere Latino, per incontrare persone sconosciute pronte a raccontarsi. La sua arma segreta? Un mazzo di Tarocchi consacrato con cura, che diventa il medium attraverso cui ogni incontro si trasforma in rivelazione. E il Cafè Choupette, da banale caffetteria, diventa un altare laico delle storie.
Il romanzo è costruito come una sequenza di racconti, ciascuno legato a un Arcano Maggiore. Ogni episodio è una lente d’ingrandimento su un’anima, un piccolo viaggio esistenziale che intreccia realtà e simbolo, esperienze e archetipi. Ma ciò che rende il tutto vivo è la scrittura: raffinata ma empatica, colta senza essere pedante, a tratti profumata di cinema d’autore francese, con un’eleganza discreta che ammalia.
Si fa spesso complice, quasi confidente del lettore, creando un’intimità rara. Anita Napolitano non si limita a raccontare delle storie, ma le “interpreta”, esattamente come fa Arianne con i suoi Tarocchi. Ogni vicenda è una piccola parabola esistenziale in cui la protagonista del consulto — Jasmine, Catherine, Nora e molte altre — non solo pone domande, ma si specchia nelle risposte con una delicatezza che lascia il segno.
Uno degli elementi più affascinanti è l’equilibrio tra la componente esoterica e quella psicologica. I Tarocchi, qui, non sono strumenti magici da circo o divinazione da quattro soldi: sono ponti tra inconscio e coscienza, tra ciò che si teme e ciò che si desidera. In questo senso, la lettura delle carte assume un valore profondamente narrativo: è una forma di scrittura simbolica del sé.
C’è anche una costante e benefica ironia che attraversa il testo, spesso incarnata nei personaggi secondari o negli spunti della protagonista. Un’ironia gentile, che non deride ma sdrammatizza, che permette alle tematiche profonde (il lutto, il desiderio di maternità, la paura del futuro, la solitudine, le nevrosi) di trovare un respiro leggero senza perdere di significato.
Inoltre, Parigi non è solo un’ambientazione evocativa, ma un personaggio a sé. La città si insinua tra le pieghe della narrazione con i suoi caffè, le librerie, i marciapiedi ombreggiati, i giardini e persino i bus, diventando uno specchio che restituisce i protagonisti in una luce diversa.
Dal punto di vista stilistico, Anita Napolitano dimostra grande padronanza: la prosa è fluida, sensoriale, visiva. Si percepisce una cura particolare nella scelta delle parole, nella musicalità delle frasi, nell’uso del dettaglio evocativo. I momenti rituali — l’apertura delle carte, la disposizione degli elementi — sono descritti con un ritmo quasi ipnotico, come una liturgia laica della narrazione.
Uno dei pregi maggiori del libro è proprio la sua capacità di rivelare senza mai spiegare troppo, di suggerire invece che definire, lasciando spazio al lettore di “interpretare” — proprio come farebbe un buon cartomante. C’è un rispetto profondo per l’ambiguità, per l’ombra, per la complessità delle emozioni.
A chi ama i racconti che scavano dentro con grazia, a chi cerca storie che uniscano l’umanità più concreta con il simbolico e l’onirico. A chi ama Parigi e le sue magie. E, naturalmente, a chi crede che le carte possano raccontare molto di più di ciò che mostrano. Ma anche a chi è scettico, perché questo libro non vuole convincere, ma solo accompagnare.
La scatola rossa è un’opera originale e poetica, dove la scrittura si fa rito e la lettura diventa una stesa di carte in cui ognuno può ritrovare qualcosa di sé. È un inno alla forza dell’ascolto, alla potenza delle storie e alla bellezza delle connessioni umane, quelle che accadono “per caso”… o forse no.